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La ricerca di sé e delle fragilità umane nelle immagini forti e delicate di Alessandra Rinaudo

La ricerca di sé e delle fragilità umane nelle immagini forti e delicate di Alessandra Rinaudo

L’AuraPhotographica, quell’Aura invisibile che trasparendo diafana rende vibrante un’immagine, come un trasognato incanto.

Autoritratti impalpabili che possono volare via ad un lieve alito di vento. Alessandra Rinaudo nella serie I will go and look at the flowers#1 – i versi di Rupi Kaur sono stati la scintilla per creare i suoi dittici e il titolo è ispirato ad una poesia di Edith Matilda Thomas – affianca fiori al suo esile corpo e noi ci perdiamo ad osservarne linee e colori. Un’osmosi tra fragilità comuni, come spezzarsi per improvvisa brezza o per la fine di un amore romantico, ma non sappiamo più chi suggerisce l’uno all’altra pose e movenze. Un linguaggio di delicati pensieri affini, la caducità dei sentimenti e quella di petali e foglie, lo smarrimento per l’amante perduto e l’autunno che fa cadere illusioni e fronde. La speranza e la forza di ricominciare a fiorire, andare a guardare quei fiori fonte di ispirazione per immagini tenere ma al contempo forti.

Alessandra Rinaudo coglie il loro linguaggio e lo fa suo, così il corpo diviene monolito compatto, inattaccabile a futuri dolori e rosso fuoco come le sue labbra, emulando l’elegante staticità della Bromelia, quella spiga purpurea che deve ancora aprirsi alla vita, a nuovi eventi come il corpo nuovamente trasformato di Alessandra, che rifiorisce avvolto in candido tulle affiancato dal Lilium Candidum. Ma poi quel suo corpo stanco reclina, rannichiandosi per proteggersi, in sintonia con quell’Iris viola cobalto piegato per la fatica di continuare a vivere.  

In Hide and Seek – progetto sviluppato in cinque anni e dedicato a quel bellissimo gioco, uno dei più amati dai bambini, dove uno si nasconde e l’altro va a cercarlo – Alessandra continua il suo percorso di ricerca che parte nuovamente dalla storia personale esplorando la sua infanzia. Un viaggio a ritroso nella propria vita, ispirato dal rapporto con la madre, che si apre a ricordi suggestivi ricercando luoghi, oggetti, spazi da rivivere con gli occhi di quella bambina che era stata. La sua presenza fuggitiva e trasparente come ombra tra gli arredi di casa in immagini anche loro fuggevoli e inafferrabili.

Fotografie dettagliate con i giocattoli preferiti e il vestito buono della festa di quel blu profondo e lucente come un mare dove sprofondare con i propri pensieri. Negli occhi nascosti di donna adulta forse lo stupore di vedersi e fotografarsi così, tornata a quella età dove divertirsi ti poneva al riparo da tutto. Ritornare a giocare a nascondino cercando se stessa.

“A partire dal mio percorso personale e attraverso diversi approcci stilistici – performativi, documentaristici, staged photography – mi chiedo se il mezzo fotografico possa aiutare a comprendere i propri sentimenti e la propria identità ambivalenti, anche quando sentiamo di avere un ricordo di una bella infanzia.”

La sequenza di una Alessandra sfuggente, immersa in una luce mistica che rischiara lei e un’altra lei in una contemplazione esplorativa fatta di sguardi e abbracci per dischiudere l’anima. Immagini toccanti.

Alessandra Rinaudo esamina senza sosta, analizzandole e approfondendole, tematiche importanti come il rapporto ambivalente con le figure genitoriali, la memoria familiare, la separazione genitore/figlio.

In What are you doing in front of the saints? attraverso le immagini di santi e abiti – due punti di vista che l’artista ritiene simbolici per interpretare quella distante vicinanza tra madre e figlia – mette a fuoco visceralmente, analizzandoli con l’occhio della macchina fotografica, quei rapporti conflittuali mai ancora sopiti, quella separazione dai genitori così desiderata ma anche sofferta. E lo specchio, che apparirà anche in un altro progetto, riflette la sua immagine con la fragilità, la consapevolezza e la coscienza di sé e di quel suo corpo nudo tra immagini di madonne e fiori finti posati su centrini di antica memoria. Sono fotografie che paiono recuperate dopo averle buttate via, appallottolandole per dimenticarle. Ora sono immagini stropicciate, sfaccettate, riesumate come i sentimenti da ritrovare.

L’interpretazione della madre – stessa pettinatura, stessi abiti, stessa postura –  sono ritratti di una recita teatrale, una messa in scena dove le attrici interpretano silenziose l’una la parte dell’altra. Sentimenti inespressi in statici abbracci con la madre, raggelati in volti senza sorrisi.   

In Season la fotografia come autoterapia dove Alessandra, colpita da una malattia che ha afflitto la sua vita emotiva e la sua identità vedendo i suoi capelli scomparire, si è cercata in luoghi di estraniamento legati al ciclo naturale delle stagioni. Si è ritrovata in un autunno specchiata come non si era mai vista, sola davanti a quegli specchi che riflettevano immagini ossessivamente moltiplicate di sé, una donna frammentata e confusa con cui doveva iniziare a convivere.

Poi l’inverno chiusa in uno spazio claustrofobico, quel corridoio angusto come una trappola senza via d’uscita e la voglia pazza di buttare giù quei muri alti come prigioni. Fotogrammi in bianco e nero di un film da proiettare per non scordare. Ma la primavera è in arrivo. Il sole e il corpo di Alessandra in riva al mare.

D’estate lo specchio riflette una rinascita, il suo viso ritrovato dopo una corsa liberatoria tra ulivi accecati dal sole, la fiducia riconquistata e, finalmente, la pace.

Alessandra Rinaudo, che vive e lavora a Milano, è nata in Sicilia ma cresciuta in Toscana dove si era trasferita con la famiglia all’età di due anni. Durante il liceo ha frequentato un corso di teatro sperimentale iniziando ad interessarsi all’espressività del corpo. La passione per la fotografia è nata dall’aver ritrovato la Minolta XG-s di suo padre, cominciando a fotografare in bianco e nero tutto quello che la circondava. Ha frequentato il DAMS di Bologna per studiare Storia dell’Arte e, nel 2011, si è trasferita a Londra per proseguire gli studi accademici in Fotografia iscrivendosi ad un Master al London College of  Communication. Le sue opere fondono immagini digitali e analogiche, testi autobiografici, foto di famiglia, ritratti ed è  interessata anche alle vecchie tecniche analogiche, sperimentando spesso con rullini scaduti, cianotipi e rayogrammi. Ha esposto le sue opere a livello internazionale, in Italia, Inghilterra, Lituania e Cina.

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2 thoughts on “La ricerca di sé e delle fragilità umane nelle immagini forti e delicate di Alessandra Rinaudo
  1. Alessandra

    Ciao Laura,

    ti ringrazio infinitamente per il bellissimo articolo. Trovo la lettura assolutamente corrispondente alla mia poetica e al mio sentire, e mi piacciono molto gli accostamenti che hai fatto.

    Alessandra

    • Laura Malaterra

      Grazie Alessandra per le tue belle parole.

      Laura

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